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Prima di morire, Michel Jackson non dormì ( davvero) per sessanta giorni Il cantante non avrebbe mai raggiunto la fase Rem, arrivando ai limiti della sopportabilità umana
Se il 25 giugno del 2009 non fosse morto per un'overdose di anestetici, il Propofol Michael Jackson se ne sarebbe andato comunque, di lì a poco. Per mancanza di (vero) sonno. E' quanto sostiene Charles Czeisler, perito medico al processo che la madre del re del pop, Katherine ha intentato al promoter di quelli che sarebbe dovuti essere gli ultimi concerti di Jacko, l'AEG.
RECORD - Ebbene Michael prima di quella fatidica notte, non avrebbe dormito per davvero per ben sessanta giorni, un record per un essere umano, secondo Czeisler. Ovvero non avrebbe mai raggiunto la cosiddetta fase Rem. Che non è solo quella in cui notoriamente si sogna, ma anche quella in cui si rigenerano le cellule e l'organismo in generale.
«COMA INDOTTO» - Jacko, per combattere l'insonnia che lo tormentava da anni, avrebbe invece conseguito una sorta di coma indotto, proprio grazie a quel Propofol, che poi gli sarebbe stato fatale. Cioé avrebbe avuto la sensazione artificiale dei benefici del sonno, senza aver mai dormito veramente. O in altre parole, ha spiegato Czeisler :«E' come se il cantante avesse ingerito dei trucioli di legno invece che del cibo. Lo stomaco si riempie e uno non sente la fame, ma le calorie sono zero e non si consegue nessun beneficio nutritivo».
ACCANIMENTO TERAPEUTICO - E, secondo l'accusa del processo, sarebbe stato proprio l'AEG a spingere presso il famigerato dottor Murray (colui che è stato accusato di omicidio involontario per la morte della popstar) perché Jacko potesse dormire prima della serie, anch'essa record, di concerti, che avrebbe dovuto tenere a Londra nel luglio del 2009. Un accanimento terapeutico che forse l'ha ucciso.
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